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Per la liberazione totale
Perché il riscaldamento globale di oggi ha radici nel passato genocidio in Indonesia di Joshua Oppenheimer
130.000 incendi boschivi in ​​Indonesia hanno oscurato i cieli su gran parte del sud-est asiatico la scorsa estate e l'autunno, distruggendo più di 13mila km quadrati di foresta pluviale vergine.' Foto: Ulet Ifansasti / Getty
130.000 incendi boschivi in ​​Indonesia hanno oscurato i cieli su gran parte del sud-est asiatico la scorsa estate e l’autunno, distruggendo più di 13mila km quadrati di foresta pluviale vergine.’ Foto: Ulet Ifansasti / Getty

C’è enorme preoccupazione per come i cambiamenti climatici influenzano i diritti umani, ma poca attenzione per come l’abuso dei diritti umani influenza il nostro clima globale.

Cinquant’anni fa in Indonesia c’è stato un genocidio. I massacri sono per lo più sconosciuti, ma la terribile distruzione continua, e ci minaccia tutti. Nel 1965, l’esercito indonesiano ha organizzato squadroni della morte paramilitari ed ha sterminato tra le 500mila ed il milione di persone che erano state frettolosamente identificate come nemiche della nuova dittatura militare del generale Suharto. Oggi gli assassini e i loro protetti sono figure istituzionali che godono di impunità, di potere politico ed intimidatorio.

Durante lo scorso anno (2015) l’illegalità che ha avuto inizio con il genocidio è arrivata in tutte le nostre vite. 130.000 incendi boschivi in Indonesia hanno oscurato i cieli su gran parte del sud-est asiatico la scorsa estate e l’autunno, distruggendo più di 13mila km quadrati di foresta vergine – una superficie più grande di New Jersey o del Galles. Gli incendi hanno rilasciato più di 1,75 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in atmosfera, pari al totale delle emissioni annuali del Giappone. Mentre gli incendi dello scorso anno sono stati i peggiori rilevati, incendi della stessa grandezza hanno bruciato ogni anno per quasi 20 anni, facendosi beffe dei nostri sforzi per frenare il riscaldamento globale.

Gli incendi sono appiccati da società indonesiane e internazionali per eliminare la foresta pluviale e sostituirla con piantagioni di palma da olio. L’olio di palma è l’olio a base vegetale più comunemente usato al mondo, ed il suo mercato è esploso a causa della middle class globale. Gli incendi sono il modo più economico per bonificare il
terreno per nuove piantagioni di palma da olio.

Sebbene l’Indonesia abbia leggi severe volte a mantenere i fuochi sotto controllo, le leggi esistono solo su carta. Le aziende la fanno sempre franca perchè bruciano le foreste in collaborazione con i militari – una istituzione che, da quando ha perpetrato il genocidio, ha commesso violazioni dei diritti umani con allarmante regolarità.
Queste atrocità ricorrenti mantengono il potere dei militari, temuti ed al di sopra della legge. Dal 1965, le multinazionali hanno collaborato con le forze armate per impadronirsi del territorio e sfruttare forza lavoro a basso costo con troppa paura per chiedere condizioni di lavoro sicure o un salario equo. (i territori sono sfruttati anche
per altri usi illegali e lucrativi, molto spesso, principalmente per concessioni di legname e miniere, che sono allo stesso modo distruttive per l’ambiente).

E così i militari ed i loro partner aziendali continuano a farla franca per la spaventosa corruzione e per i crimini ecologici indicibili. Per 50 anni la capacità di terrorizzare ha influito negativamente sulla distribuzione della ricchezza e del potere.

Mentre i produttori di olio di palma e i loro partner militari traggono profitto dal fuoco, il popolo indonesiano paga un prezzo incalcolabile. L’inferno dello scorso anno ha propagato una incessante, nauseante foschia a danno di oltre 43 milioni di persone.
Mezzo milione di persone hanno cercato di curarsi per malattie respiratorie, mentre una media di 110mila asiatici del sud-est muoiono ogni anno a causa dello sviluppo improvviso e violento di fiamme. E le file infinite di palme da olio diffondono brutalmente condizioni di sfruttamento del lavoro – tra cui il lavoro minorile e l’avvelenamento da diserbanti e pesticidi letali.

Scarico dei frutti per l'olio di palma a Sumatra. L'anno scorso mezzo milione di persone ha cercato cure per le malattie respiratorie, mentre una media di 110mila persone nel sud-est asiatico ogni anno muoiono come risultato delle conflagrazioni.  Foto: Antara Foto /Reuters

Scarico dei frutti per l’olio di palma a Sumatra. L’anno scorso mezzo milione di persone ha cercato cure per le malattie respiratorie, mentre una media di 110mila persone nel sud-est asiatico ogni anno muoiono come risultato delle conflagrazioni. Foto: Antara Foto /Reuters

Nel frattempo, la deforestazione sta mettendo in pericolo di estinzione un terzo dei mammiferi dell’Indonesia. E, secondo Pep Canadell, direttore del Global Carbon Project, gli incendi sono “il punto di svolta globale” che spingerà il mondo al di là dei 2°C di riscaldamento, esattamente nella zona di pericolo scientificamente riconosciuta per il clima del pianeta.

“Alcune aziende hanno iniziato a eliminare l’olio di palma dai loro prodotti, ma la maggior parte rimangono recalcitranti”

Questo è il disastro ecologico peggiore del mondo ed una catastrofe per i diritti umani – e siamo tutti implicati. Noi beneficiamo di questa spirale di paura e di distruzione delle foreste consumando molte delle esportazioni indonesiane. L’olio di palma è utilizzato in molti prodotti di bellezza, snack e dolci da aziende come Starbucks,
PepsiCo, McDonald, Pizza Domino, Unilever, e innumerevoli altri. Mentre alcune aziende hanno iniziato a fare passi avanti significativi verso l’eliminazione dell’olio di palma dai loro prodotti, la maggior parte rimangono recalcitranti – a scapito degli indonesiani e del nostro ecosistema globale.

Gli incendi e lo sfruttamento devono essere fermati, ma le istituzioni destinate a contenere imprese e militari sono deliberatamente mantenute deboli. Coloro che dovrebbero portare alla legalità del paese – tribunali, funzionari e funzionari eletti – spesso sono proprio quelli che incoraggiano, e traggono profitto dalla sua rovina.

Anche il presidente Joko Widodo, eletto per le sue credenziali riformiste, non è stato efficace nel mantenere a freno i militari e i loro partner aziendali. Né ha, di fatto, ancora mantenuto la sua promessa elettorale di punire le violazioni dei diritti umani, tra cui il genocidio del 1965. Ha rifiutato di istituire una commissione per la verità, e non ha
nemmeno preso in considerazione un procedimento contro gli autori. Ciò significa che l’impunità è ancora la norma, e come per dimostrare questo punto, il governo indonesiano ha recentemente annunciato che i fuochi appiccati nelle foreste pluviali continueranno.

Eppure, ci sono stati alcuni accenni di cambiamento. Il rilascio dei miei film “The Act of Killing” (2013) e “The Look of Silence” (2015) in Indonesia ha stimolato un dibattito nazionale sul genocidio e le conseguenze della impunità. Secondo il commentatore cultutale indonesiano Ayu Ratih, le migliaia di proiezioni in tutto il paese sono state,
per le giovani generazioni, “un momento di evoluzione della consapevolezza, una iniziazione verso l’età adulta che li ha resi più maturi, socialmente e politicamente”.

Questa generazione più giovane non accetterà più il silenzio e l’inazione, e di recente abbiamo visto una crescente pressione pubblica sul governo. Proprio questo mese funzionari indonesiani hanno convocato, per la prima volta in assoluto, un convegno per esaminare le uccisioni. I membri del gabinetto del Presidente Widodo, il procuratore generale dell’Indonesia, il capo della polizia e il ministro della Giustizia hanno partecipato alla conferenza – come hanno fatto anche attivisti di ONG, ex leader militari, i sopravvissuti e le famiglie delle vittime. Anche se è stato un incontro senza precedenti, è ancora solo un piccolo passo verso la fine della illegalità che ha avuto inizio nel 1965. Il governo ha rifiutato di chiedere scusa, e non sono stati fatti passi avanti verso la vera responsabilità.

Il movimento indonesiano contro l’impunità ha una lunga lotta da portare avanti. La nostra sopravvivenza come specie può dipendere dal suo successo.

Source: The Guardian

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